Aligi Sassu, Cavallo. Terraglia dipinta. Albisola, 1954-1955.
Aligi Sassu, Cavallo. Terraglia dipinta. Albisola, 1954-1955. Diametro 24,8 cm. Marcata Sassu Albisola. Piatto realizzato nella bottega Pozzo Garitta Albisola. In ottimo stato. Questa tipologia di piatti in terraglia è ampiamente documentata in: Aligi Sassu. L’opera ceramica. Cesena, 2000: “Il primo incontro di Aligi Sassu con Albisola e con la ceramica risale all’estate del 1939: si trovava presso Tullio Mazzotti, conosciuto a Milano nel 1928, in occasione di un incontro con Marinetti, assieme al gruppo futurista di cui il Maestro faceva parte dal 1927. In quel periodo, l’artista era reduce da diciotto mesi di carcere, inflittogli per il suo impegno clandestino contro il regime fascista, di conseguenza tale incontro con Albisola fu per lui una liberazione, una possibilità di tradurre in qualcosa di concreto quanto era stato maturato nel periodo precedente. Altrettanto importante risultò l’esperienza di Castel Cabiaglio, in Val Ganna, dove l’artista fu invitato nel 1947 da un celebre antiquario di Milano, Cattaneo. Sassu ha sempre ricordato quel periodo come fondamentale, soprattutto dal punto di vista materiale, tecnico, non già da quello della pittura o della modellazione, perché infatti egli aveva già modellato e dipinto a partire dal 1939. Nonostante la terribile situazione economica ed i seri problemi familiari, dopo la parentesi in Val Ganna, Sassu nutriva un forte desiderio di tornare ad Albisola per riprendere l’esperienza che era stato costretto dagli avvenimenti a lasciare incompiuta. Vi tornò quindi appena gli fu possibile, nel 1947. Ricominciava così l’avventura interrotta, l’esperienza della scultura. Da quest’anno, sino al 1955, si sviluppa il periodo più fruttuoso di Sassu sia per la ceramica in generale che più particolarmente per la scultura. Egli si rivela un eccezionale lavoratore. Sono molte centinaia le opere decorative che dipinge per i forni di Mazzotti e sicuramente, in questo campo, porta avanti un deciso rinnovamento del gusto, sbrigliando il suo estro in fitte sequenze di immagini riprese dal proprio repertorio con sorprendente freschezza. Sassu ricorda d avere lavorato come un operaio, in quei mesi: ha dipinto piatti, vasi, piastrelle, servizi completi da cento o più pezzi. C’era in quegli anni ad Albisola una sola realtà viva ed ardente prima nel cuore che nella forma: il – gran fuoco – dell’arte, della poesia, tenuto acceso dall’estro e dall’umiltà, dalla fierezza e dalla coscienza di compiere il lavoro con la stessa abilità degli artigiani, e con la stessa serietà”.
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