Il Covo di via Paolo da Cannobio. 1940.
Il Covo di via Paolo da Cannobio. Milano, Edizione della Scuola Mistica Fascista Sandro Italico Mussolini, 1940. In-8 (cm 24.5 x 23), brossura editoriale, sovraccoperta, pagine 82 (4) di cui alcune ripiegate. Testo in rosso e nero, illustrazioni in bianco e nero. Impaginazione di Giuseppe Pagano Pogatschnig. Edizione originale nella tiratura in brossura, mancante di astuccio. Uno dei più celebri libri del fascismo. In buono stato – piccoli difetti marginali alla sovraccoperta, normali fioriture. Su richiesta possiamo inviare ulteriori fotografie.
Giampiero Mughini, Che profumo quei libri. Milano, Bompiani, 2018: “Nel 1985, alla grande mostra veneziana di Palazzo Grassi dedicato al futurismo, vidi per la prima volta le foto originali che Pagano aveva scattato al Covo mussoliniano al numero 35 di via Paolo da Canobbio a Milano. Lì dov’era la redazione del Popolo d’Italia, il quotidiano su cui dal 1914 al novembre 1920, Mussolini attuò il suo trasloco dal socialismo massimalista alla creazione dei Fasci di combattimento. Foto sbalorditive per intensità da come raccontavano l’attesa, la tensione, la tragedia di anni decisivi della storia italiana del Novecento. Quelle stanzucce e quegli ufficetti che per sei anni avevano costituito il covo di Mussolini, la redazione del quotidiano da poche migliaia di copie che pure aveva costituito la sua unica fortezza, la sua unica bocca di fuoco a un tempo in cui un giornalista politico poteva aspirare a diventare il Gran Capo d’Italia. Le foto di Pagano svelano la drammatica evocatività del covo stanza dopo stanza. La foto iniziale, quella della porta a pianterreno su cui era scritto Il Popolo d’Italia, e che introduceva agli uffici dell’amministrazione, tenuta da Arnaldo Mussolini, porta innanzi alla quale era appostato un trespolo di filo spinato, ad attenuare un eventuale assalto di chi la pensava diversamente, ossia i rossi. E poi, in un secondo cortiletto interno, le due scalette che portavano l’una nel sotterraneo dabbasso e l’altra al primo piano, dov’erano gli uffici della redazione. Dabbasso si accampava la scorta che proteggeva il giornale, e la foto ritrae i moschetti appoggiati alla parete tanto per farci capire che si trattasse del 1919-1921. Al primo piano le sedie e le scrivanie uguali dei redattori. Nell’ultima stanza in fondo l’ufficio di Mussolini, sulla cui scrivania erano accampati i ferri del mestiere: un portamatite, un telefono, una bomba a mano, una rivoltella. “Se ci attaccano e entrano in questa stanza due li ammazzo di sicuro” avvertiva il Mussolini giornalista. Un’altra foto ancora: alle spalle del Duce, appiccicato alla parete, lo stendardo nero degli Arditi su cui si stagliava un teschio bianco con il coltello fra i denti: a significare che chi faceva parte di quei raparti andava a morte certa. Dopo avere scoperto le foto di Pagano, mi misi alla ricerca del libro dell’ottobre 1939 da cui sono partito, Il Covo, e di cui prima non sapevo nulla. Era stato edito in tre edizioni materialmente e graficamente diverse l’una all’altra, cosa inusueta nell’editoria italiana. Una splendida prima edizione che chiameremo di lusso di 400 copie, e questa pubblicata nell’occasione in cui i locali di via Paolo da Cannobbio vennero assegnati alla Scuola di mistica fascista fondata nel 1930 da Niccolò Giani, uno studente del Guf milanese. Pochi mesi dopo una seconda edizione altrettanto accurata di 2000 copie e una terza relativamente normale di 10000 copie. A fare da acronimo comune a tutte e 3 le edizioni era l’immagine di copertina, il teschio con il coltello fra i denti. Ci ho messo 20 anni a trovarle tutte e 3. Non credo di averle mai mostrate a nessuno, tanto quel libro stavo all’arduo confine tra la realtà storica e uno dei miti più possenti e tragici del Novecento italiano. Il mito del fascismo ascendente e vittorioso, di cui questo libro è il cimelio più bello. Oltre che le foto di cui ho detto, tale lo avevo reso la curatela grafica e tipografica di Pagano, in quel momento docente della Scuola di mistica fascista (dove tra i suoi colleghi c’era il giovane Amintore Fanfani). E dunque è un libro che non sai mai come maneggiare, che non sai come leggere. Il monumento a quanto intensa sia stata l’illusione fascista di grande intellettuale degli anni venti e trenta? l’istantanea del perché in tanti, e talvolta dei migliori, credettero in Mussolini e nella sua prepotente irruzione nella storia politica italiana? Una chiave per capire che cosa animava docenti e studenti della Scuola di mistica fascista, che partirono tutti volontari nella seconda guerra mondiale e di cui ne caddero in combattimento ben quattordici, di cui cinque medaglie d’oro alla memoria (fra cui Giani)? Nemesi non da poco, l’architetto Giuseppe Pagano Pogatschnig (era nato in Istria nel 1896) è morto in un lager nazista il 22 aprile 1945, pochi giorni prima della fine della seconda guerra mondiale. Da iscritto al Partito nazionale fascista e da volontario della seconda guerra mondiale era divenuto, già dopo il giugno 1943 un militante dell’antifascismo clandestino. Arrestato una prima volta nel novembre 1943 e trasferito in un carcere di Brescia, riesce a evadere il 13 luglio 1944, durante un bombardamento notturno. Tornato da clandestino a Milano, viene arrestato una seconda volta il 6 settembre 1944 e portato a Villa Trieste, dove imperversavano gli atroci figuri della banda Koch. Da lì, nel novembre 1944, viene trasferito prima nel campo di concentramento di Bolzano e poi a Mauthausen, dové astretto a un durissimo lavoro in miniera. Dopo il pestaggio da parte di un guardiano nazi, e mentre i russi sono arrivati a tredici giorni di distanza dal campo, Pagano muore il 22 aprile 1945. Da capintesta del movimento razionalista in architettura era stato a lungo il direttore del mensile Casabella. Fra gli edifici che fanno da stemma dell’architettura razionalista portano la sua firma la facoltà di Fisica all’Università di Roma e la sede dell’Università Bocconi di Milano”.
Esaurito
Richiedi Informazioni
Compila il form per maggiori informazioni su questo prodotto.