Mario Giacomelli, L’Infinito.
Mario Giacomelli, “L’infinito” di Giacomo Leopardi. Fotografia originale in stampa vintage. Dimensioni cm 37 x 22. Timbro, titolo, firma al verso.
Bibliografia:
-Mario Giacomelli racconta. A Silvia/L’infinito. Fermo, 1988. La fotografia è pubblicata a pagina 64. La fotografia pubblicata mostra una diversa esposizione e la presenza nella parte alta del profilo della città di Recanati.
-Germano Celant, Mario Giacomelli. Milano, Photology-Logos, 2001: Serie composta tra il 1986 e il 1988 con fotografie realizzate nelle Marche. “Ho scoperto da un po’ di anni che la poesia è il linguaggio in cui sembra di poter fuggire dalle formule della banalità quotidiane. Lo spazio non è più appiattito, le cose che vedo sempre uguali, le stesse strade, la stessa gente della mia città, pensando alla poesia ora sembrano modificate, tutto sa di avventura che mi coinvolge in esperienze nuove, mi fa vivere viaggi in territori immaginari. Ho vissuto con questi ultimi lavori che raccontano poesie scavalcamenti di precedenti emozioni, momenti di vibrazioni liberanti non controllabili che si susseguono, che si contraddicono così come tutte le cose che si consumano nel fluire della vita. Forse non è neanche un importante il risultato, nelle ultime foto fatte, ma il processo si. Sento da un po’ di tempo che sto scavando in un deposito di energie che suscitano immagini dove la fotografia è come una traduzione, una ricerca sempre dentro i territori del linguaggio. Queste ultime foto, mi accorgo, vanno lette e rilette, più volte, vogliono sentire la nostra presenza, il nostro interesse, solo così si caricano di emozioni. Le poesie aspettano la nostra voce per uscire dal mutismo”. Giacomelli non si ferma alla semplice illustrazione delle immagini suscitate da una poesia. La sofferenza, le immagini vertiginose da cui prende spunto vengono fatte proprie, immesse nel proprio sentire e nella propria solitudine per un nuovo racconto della memoria. Le immagini sono fortemente astratte, e sarebbe arduo rintracciare in questa sequenza narrativa che richiami i nuclei tematici della lirica leopardiana. “Non si tratta di illustrazione di emozioni altrui, sono emozioni mie, nate in me da Leopardi, divenute mie con la conoscenza. All’inizio pensavo a una sequenza di paesaggi netti, definiti. Ma non ne ero soddisfatto. Mi sono mosso all’interno, senza sapere dove andare, dove fermarmi. Poi ho messo tutte le fotografie per terra, mi sono guardato attorno, sono ritornato ad essere me stesso e ho visto una nuova luce. L’infinito è inteso come qualcosa che nel suo terminare crea i presupposti per un nuovo inizio”.
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