Mario Giacomelli, Presa di coscienza sulla natura. Fotografia.

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Mario Giacomelli, Fotografia originale dalla serie “Presa di coscienza sulla natura”. Dimensioni cm 40 x 30. Timbro a tampone dell’autore al verso. In ottimo stato. Incorniciata.

Presa di coscienza sulla natura. Fotografie realizzate tra il 1954 e il 2000 nella campagna marchigiana. Le fotografie di paesaggio sono di vario tipo:aeree, da terra, al mare. Non tutte le immagini che appaiono realizzate dall’alto sono in realtà prese dall’aereo. Molte fotografie delle colline sono scattate dall’altura vicina, dove proprio la caratteristica della “verticalità” è proprio del territorio marchigiano. Le date precise sono impossibili da definire, anche se sappiamo che l’idea della ripresa dall’alto viene dall’esperienza di un viaggio a Bilbao negli anni settanta e che i paesaggi del primo periodo venivano intitolati Storie di terra o semplicemente Paesaggio. Non si tratta di semplici riprese di paesaggio: Giacomelli interviene a “correggere” ciò che vede. “Una buona parte di questi paesaggi è stata creata e ho cominciato a fare interventi sul paesaggio fin dal 1955: se trovi davanti ai tuoi occhi un paesaggio che ha solo bisogno di correzione, una aggiunta di segni, di linee, di buchi, che il caso o il contadino non ha saputo fare, allora intervengo io”. Più di un critico ha suggerito di mettere in relazione questo aspetto della fotografia di Giacomelli col la Land Art (…). Più chiaramente emerge la parentela con la pittura di Alberto Burri – che però Giacomelli ha conosciuto solo nel 1968 – e il riferimento alle esperienze pittoriche dello stesso Giacomelli che percorrono la fotografia, e non sono mai cessate del tutto. L’autore si serve dell’immagine del territorio, riprende la terra e le sue ferite, i luoghi così come cambiano nel tempo. Essi vengono rievocati dalla poesia delle immagini e divengono materia astratta, segno e simbolo utilizzati dall’autore per realizzare effetti plastici. “Attraverso le foto di terra io tento di uccidere la natura, cerco di toglierle quella vita che le è stata data non so da chi ed è stata distrutta dal passaggio dell’uomo per ridarle una vita nuova, per ricrearla secondo i miei criteri e la mia visione del mondo. La natura è lo specchio entro cui io mi rifletto, perché salvando questa terra della tristezza della devastazione, voglio in realtà salvare me stesso dalla tristezza che ho dentro. A volte ho addirittura usato un negativo scaduto, uno strumento già morto, proprio per accentuare questa sensazione, ottenendo un effetto di neri che diventano tutt’uno con le zone intorno” (Celant, Mario Giacomelli. Bologna, 2001).

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